Mentre la popolazione mondiale è in continua crescita, i terreni coltivabili sono in forte diminuzione: forse stiamo chiedendo troppo al nostro Pianeta?
A chi ci dice che l’impronta ambientale è un affare che non lo riguarda, il nostro primo pensiero va al periodo della pandemia, a quando tutto si è fermato. Perché proprio in quei mesi la natura è finalmente tornata a respirare.
Esiste evidenza migliore di questa?
Gli animali hanno ripopolato le città, i cieli dei paesi più industriali sono diventati limpidi come non lo erano da decenni, e persino l’aria aveva un sapore diverso. È proprio lì, durante quel limbo, che qualcuno si è reso conto che la nostra impronta sul terreno forma un solco più profondo di quanto potessimo mai immaginare.
Esserne consapevoli, però, non basta più.
Per questi motivi oggi vogliamo parlarti della tua impronta ambientale e di cosa puoi fare per attenuarla.
Cos’è l’impronta ambientale e come si misura
Oggi hai preso la macchina per fare la tua solita spesa della settimana. Hai raggiunto il supermercato più vicino e hai iniziato a riempire il tuo carrello di pasta, passate, frutta e verdura di stagione, ripensando a quella vicina che ogni settimana si fa consegnare la spesa a casa da un furgone che percorre chilometri di distanza per raggiungerla.
«Si tratta di prodotti biologici» dici tu.
Sorriderai con soddisfazione, perché in quel momento nel tuo piccolo stai contribuendo a minimizzare il tuo impatto ambientale, rispetto a chi sta dando adito ad uno dei settori che sai essere tra i più inquinanti: quello dei trasporti.
Eppure, quello che in pochi sanno è che il costo ambientale dei trasporti impatta solo per il 6% sull’intero ciclo di vita di un prodotto alimentare.
E il resto?
Acquistare direttamente dai produttori emette più CO2 che andare al supermercato?
Sembrerebbe che il processo di coltivazione sia tra le pratiche più inquinanti dell’intero sistema di produzione alimentare. Questo sta a significare che dovremmo preoccuparci più di come ciò che mangiamo viene coltivato piuttosto che delle sue modalità di consegna.
L’agricoltura, infatti, è responsabile di circa il 24% di emissioni globali di CO2.
Com’è possibile?
Nel momento stesso in cui la frutta e verdura vengono raccolte dall’albero, dalla pianta o dal terreno in cui sono coltivate, inizia il suo periodo di degradazione naturale. Nelle grandi catene alimentari, prima che i prodotti vengano esposti sugli scaffali, trascorrono un periodo di tempo nei magazzini. Quindi per prolungare quanto più possibile la sua durata di conservazione e il suo aspetto fresco, il prodotto viene raccolto prima del suo punto di maturazione, viene conservato in celle frigorifere e trattato con additivi chimici.
L’impronta ambientale del biologico
Questo processo ha un costo ambientale non indifferente. Per invertire questo paradigma sarebbe sufficiente che una parte delle coltivazioni tradizionali venisse convertita in coltivazione biologica. Quest’ultima, infatti, oltre a non fare uso di additivi chimici, riesce a fissare nel terreno grandi quantità di carbonio, aiutando a contrastare il riscaldamento globale.
E non solo.
In una vendita diretta, gli agricoltori raccolgono la frutta e verdura su richiesta e il prodotto viene spedito il giorno stesso. Quindi la frutta e verdura non avrà bisogno di essere trattata durante il post-raccolta e non verrà fatto uso di alcun processo di maturazione artificiale.
Eppure molti sono ancora restii a scegliere il biologico.
Perché? Ne abbiamo parlato in un nostro articolo, clicca qui.
Il tuo impatto ambientale
Se l’impatto ambientale viene calcolato sulla popolazione che vive quel luogo e che fa uso di determinati beni e servizi, basterebbe comprendere a quanto ammonta il tuo consumo annuale per capire quanto incidi sulle emissioni del tuo intero paese e quanto tempo occorre per smaltire i rifiuti che produci.
Ciò che puoi fare al momento per ridurre la tua impronta ambientale è unirti ad un gruppo d’acquisto (un insieme di persone o condomini che acquistano da uno stesso venditore) e scegliere in modo consapevole cosa acquistare, affidandoti a produttori responsabili ed etici. Un veicolo che consegna dei prodotti coltivati eticamente a dieci famiglie avrà un costo ambientale ridotto rispetto a dieci famiglie che si recano in un supermercato per acquistare della frutta e verdura con una coltivazione tradizionale.
Sei d’accordo?
Scopri il progetto Passo Ladro a questo link, nato sulla scia della strategia Farm to Fork «per rendere più sostenibile la filiera alimentare dell’UE dalla fattoria alla tavola […] per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente».